Youri Djorkaeff e la Cilena del Secolo
YOURI DJORKAEFF, LA CILENA DEL SECOLO E I RIFF DI K. RICHARDS
Luciano Ligabue e Stefano Accorsi. Che cosa li unisce?
Youri Djorkaeff. Perché oltre alla fede dichiaratamente interista, i due – o meglio, i 3 – hanno un altro dogma: l’ossessione per le rovesciate.
Nel luglio di vent’anni fa finivano le riprese di Radiofreccia. Il monologo centrale è diventato un famoso credo.
“Credo nelle rovesciate di Bonimba nei riff di Keith Richards.
credo che un’Inter come quella di Corso, Mazzola e Suarez non ci sarà mai più,
ma non è detto che non ce ne saranno altre belle in maniera diversa.”
Ma c’è di più: in quel rigo, “credo nelle rovesciate di Bonimba, nei riff di Keith Richards”, si cela un’anima intimamente tacchetteeana.
LA CILENA DEL SECOLO
Che poi parlare di rovesciate e artisti in fondo è la solita cosa: estetismo, inconscienza e coraggio che prima entrano in porta e poi nella memoria calcistica di tutti oltrepassando le fedi campanilistiche. In quell’atto c’è dell’impossibile. O quasi. Pochi secondi che dividono una figuraccia da un capolavoro. O che spesso li uniscono, lasciando il pubblico col fiato sospeso ad ammirare l’unico dei ventidue in campo con la testa all’ingiù.
Insomma, puro edonismo calcistico. Talento naturale o tecnica affinata nei campetti di periferia in cambio di ginocchia sbucciate. Poco importa.
Quel che conta è che come ogni movimento artistico, ogni epoca del calcio ha i suoi pittori, giocatori in grado di infrangere la metafisica ribaltando il mondo per qualche secondo necessario a spennellare la palla. Meglio se dritta in rete. Qualche esempio? A Carlo Parola la sua tela più bella gli è valsa la figurina Panini. Ligabue appunti ha invece omaggiato quelle di Bonimba Bonisegna.
Quindi a Tacchettee non ne rimane che una: la cilena del secolo, quella di Youri Djorkaeff dall’Armenia.
La cilena del secolo avviene, come tutte le rovesciate, in pochi attimi di meraviglia. Djorkaeff in un istante di lucida follia è sospeso in aria e perfettamente parallelo al terreno, in un Inter – Roma del 1997, vinto dai 3-1 dai nerazzurri.
Un gesto, quello di the Snake, che verrà celebrato come icona nella campagna abbonamenti nerazzurra della stagione successiva. Consegnandolo alla storia.
Youri Djorkaeff è stato con ogni probabilità uno dei calciatori più geniali della sua generazione. Quella che trasformava ogni domenica gli stadi in catini sudamericani ribollenti di passione.
Trequartista dalle grandi doti tecniche, insieme a Ronaldo in quegli anni ha deliziato chi ha avuto la fortuna di ammirarli in coppia alla Scala del calcio. In Italia e in Europa.
YOURI DJORKAEFF, TRA ROVESCIATE E TROFEI
Artista meraviglioso, il franco-armeno ha sangue discendente dalla Calmucchia, unico territorio di religione prevalentemente buddista di tutto il continente europeo. Lui però cresce in Francia tra Grenoble e Strasburgo, passando poi dal Monaco e da quel Paris Saint Germain dove vince il trofeo nostalgico per definizione: la Coppa delle Coppe, nel 1996.
L’anno successivo arriva in Italia alla corte di Roy Hodgson dove farà vedere le miglior cose.
Da lì un palmares di tutto rispetto: vince – tra gli altri – il mondiale del ’98 dove, in ordine, farà piangere Ronaldo – il Fenomeno e pungerà la Juventus, accesa rivale di campionato in sala stampa con la dichiarazione balzata alle cronache “la Francia favorita dagli arbitri perché gioca il mondiale in casa? C’è una sola squadra in tutto il mondo che è favorita dagli arbitri e non è ai mondiali ma gioca in Italia“. Alzata la coppa dell’Europeo 2001 dove in finale se la prende con un Totti reduce dal famoso cucchiaio a Van der Sar, sarà poi la volta della Confederations Cup nel 2001 e infine la Coppa Uefa con l’Inter nel 1998, dove stavolta festeggia insieme a Ronaldo.
I TITOLI DI CODA: MLS
È stato un precursore della diaspora di fine carriera che vede i campioni europei migrare nella MLS Nord Americana.
Ha chiuso infatti la carriera a New York nelle file dei RedBulls.
Resta però nell’immaginario di quel genere di pallone che ci affascina: a gambe all’aria, con l’Olimpico di Roma per un lungo attimo col fiato sospeso da quella spennellata.