Je suis Cantona: King Eric alla corte dello United
“Ma dici a me…? Stai parlando con me?!” La voce calda e suadente anticipa una sagoma severa dal profilo prominente che si palesa dentro un’elegante polo dal colletto alzato. Ha il fare tracotante di Travis Bickle in “Taxi Driver” e la sua storia è degna di un capolavoro da Oscar. Il suo nome è Éric Daniel Pierre Cantona, per tutti semplicemente Éric.
É nato a Marsiglia il 24 maggio 1966 da papà Albert, infermiere dalla spiccata vena pittorica ed origini sarde, e mamma Eleonore, figlia di rifugiati catalani antifranchisti, dedita alla famiglia. Il padre ha il pallino per il calcio, gioca come portiere e abitua i suoi tre figli a seguire l’Olympique Marsiglia con un unico mantra: “non c’è niente di più stupido di un giocatore che si crede più importante del pallone”.
La prima volta fa sempre male
I primi passi nel calcio Éric li muove nel Caillolais. Come portiere, perché il padre è stato “gardien de but” e lì lo spinge, nonostante il figlio adori Cruijff. Una forzatura, il piccolo tra i pali non funziona e passa all’ala dove, finalmente, sboccia a suon di gol. La notizia della fioritura dell’ “enfant prodige” arriva sino nella modesta Auxerre. Nel 1981, Guy Roux, tecnico-santone e fiero socialista decide di portarlo proprio lì, per aiutarlo a consacrarsi.
Cantona ha il portamento altero, un destro degno di un pennello in martora Kolinsky ma un carattere iracondo che squalifica ogni sua qualità. Il prestito annuale in Ligue2 al Martigues, la Venezia di Provenza, non seda la sua irascibilità che scoppia il 5 aprile 1988. Tornato all’Auxerre, durante una partita di Coppa di Francia, colpisce Der Zakarian del Nantes con colpo d’arte marziale. É la prima “cantonata” che gli costa 2 giornate di squalifica e l’ingaggio con l’AJA.
Nonostante una telefonata esplorativa di Silvio Berlusconi, che voleva al Milan la coppia Van Basten – Cantona, Éric è approdato all’Olympique Marsiglia fresco del successo all’Europeo Under-21. Malgrado i ventidue anni, la maturità era ben lontana dall’essere raggiunta a causa di innumerevoli colpi di testa costatigli assai cari. Pertanto, nonostante i copiosi gol ed assist da fuoriclasse, è stato sospeso dal club e dalla nazionale per aver dato, sostanzialmente, dello stronzo al commissario tecnico della Michel. Dopo queste vicissitudini, è stato spedito in prestito prima al Bordeaux per il resto del 1989 e poi al Montpellier per tutta la stagione 1989-1990.
Ahh... Montpellier!
Durante il prestito al Montpellier, è stato coinvolto in una rissa con il compagno di squadra Jean-Claude Lemoult che ha colpito con un calcio in faccia. Lo stesso giorno “Nuovo cinema paradiso”, di Tornatore, ha vinto l’Oscar come miglior film straniero. In estate, grazie alle sue splendide prestazioni, torna all’OM dove fa faville fino alla fine di Ottobre del ’90, quando si rompe i legamenti chiudendo così la sua parentesi ai “Les Phocéens”. Nimes sembrava già essere l’ultima spiaggia per l’enfant terrible. Anche perché per acquistare Cantona, il presidente del club, nonché sindaco della città, ha usato fondi pubblici. Nonostante la nomina a capitano della squadra Éric non è riuscito a placare i bollenti spiriti. Tant’è che in casa contro il Saint-Etienne, in disaccordo con quanto disposto dall’arbitro, gli ha scagliato il pallone addosso venendo espulso. Non contento, nel tunnel che conduceva agli spogliatoi, ha mollato un destro sulla mascella del capitano avversario Kastendeuch. Risultato: due mesi di squalifica diventati tre in seguito ad un “idiota” di troppo rivolto ad ogni membro della disciplinare. “Ho avuto il privilegio di assistere al mio funerale” ha dichiarato dopo la sentenza il 12 dicembre 1991 annunciando anche il suo ritiro dal calcio giocato per dedicarsi alla pittura.
“Ooh-aah Cantona!“
La hit di Lucio Dalla dei primi anni ’90 “Attenti al lupo” sembra la canzone perfetta per il momento storico dell’esule Cantona. Solo il nuovo commissario tecnico della Nazionale francese, Michel Platini, suo caparbio estimatore, lo convince a ripensarci. Dopo averlo suggerito, senza successo, agli allenatori di Liverpool e Sheffield Wednesday, è riuscito a farlo firmare con il promettente Leeds United. Éric sembrava aver smesso i panni del riottoso indossando quelli di nocchiero verso i trionfi in campionato e Charity Shield nel 1992. L’Inghilterra è così diventata la terra promessa dove Cantona è finalmente diventato “The King” per ogni amante del calcio libero da schemi e diktat. A fine stagione i corteggiatori si sono moltiplicati in ogni parte del mondo, ma Éric ha deciso di accasarsi, ad una cifra low-cost (1,2 milioni di sterline), al Manchester United per legittimarsi definitivamente scatenando le ire dei tifosi del Leeds sentitisi traditi.
Manchester
“Mi chiedo se tu sia abbastanza bravo per giocare a Old Trafford”, lo ha provocato al primo incontro Sir. Alex Ferguson. “Mi chiedo se Manchester sia abbastanza per me”, ha contrattaccato sagace il francese. Il manager inglese gli consegna la storica maglia numero 7. Così, nell’anno dell’arresto del boss di “Cosa Nostra” Toto Riina, Cantona è riuscito a mettersi a disposizione del gruppo depositando, momentaneamente, la corona di re.
Celebre è stata la vittoria del 9 gennaio ’93 per 4-1 contro il Tottenham. Durante il match, Éric ha sciorinato tutta la sua classe segnando un gol e dispensando assist. “La cosa più bella che ho mai fatto nella mia carriera? L’assist a Irwin, contro gli Spurs!” ha dichiarato nel 2009, un’azione da cineteca calcistica.
Player of the year
Grazie a Cantona, nei successivi due anni, i “Red Devils” sono usciti dal cono d’ombra dell’essere una nobile decaduta. Diventano una squadra importante che da allora si è trasformata in una macchina di business e marketing. Hanno vinto l’edizione inaugurale della Premier League del 1993 e la Charity Shield. Altrettanti trionfi si sono susseguiti nel 1993-1994 a cui si è aggiunta l’FA Cup. Nel corso della stagione, Cantona ha segnato 27 gol vincendo il titolo di giocatore dell’anno e arrivando terzo nella classifica del Pallone d’Oro, dietro al vincitore Roberto Baggio e a Dennis Bergkamp. Certo le consuete numerose espulsioni non sono mancate, ma da possibile meteora “King Éric” è diventato, rapidamente, una supernova del firmamento calcistico mondiale. “This is the return of the space cowboy” come cantavano i britannici Jamiroquai nel ’95.
La stagione 1994/1995 parte sotto i migliori auspici dopo i trionfi della precedente e la mirata campagna acquisti di Ferguson, soprannominato da Cantona “l’asciugacapelli” per come sbraitava in faccia ai calciatori per motivarli. “Live forever” è il singolo degli Oasis che accompagna, per quanto loro sostenitori dei “Citizens”, l’inizio positivo dei “Red Devils” e di Éric.
Il gesto
Ma il destino bussa inaspettatamente alla porta di “The King” trovandolo impreparato. È il 25 gennaio 1995, il Manchester United sta lottando per il titolo contro il sorprendente Blackburn di Alan Shearer. Quel giorno i “Red Devils” sono attesi dal Crystal Palace a Selhurst Park. Il match rimane sull’1-1 per tutto il primo tempo. Ad inizio ripresa, su un pallone rinviato in profondità, Shaw trattiene Cantona, che commette fallo di reazione scalciando l’avversario. L’arbitro Alan Wilkie espelle “The King”. Mentre Éric si dirige verso il tunnel di uscita dal campo un vicino tifoso “Eagles” lo ingiuria pesantemente. Il numero 7 dello United si scaglia contro di lui con una gamba tesa e l’altra piegata a squadra colpendolo con un calcio in stile kung-fu. Il tifoso della squadra londinese si chiama Matthew Simmons, ventenne di Thornton Heath, con una fedina penale da hooligan. Durante la conferenza stampa successiva ai giorni di gogna mediatica le domande sono state molteplici. Éric non ha mai rinnegato il suo gesto barbaro, anzi consegna alla stampa una frase iconica volta ad accusare il mondo dei media da sempre suo nemico: “Quando i gabbiani seguono il peschereccio è perché pensano che verranno gettate in mare delle sardine”.
La squalifica
In primo grado è stato condannato a due settimane di carcere. La sentenza, ridotta in appello a 120 ore di servizio civile, la spende insegnando calcio ai bambini della sua zona. In seguito è stato squalificato dalla F.A. per nove mesi, fino all’ottobre successivo e lo United, manco a dirlo, ha perso per un punto il campionato in favore del Blackburn. Nel mentre Simmons è stato condannato a una settimana di carcere, salvo poi tornare in libertà 24 ore dopo il verdetto. Successivamente Cantona è stato anche sospeso, definitivamente, dalla nazionale transalpina che faticosamente si era riconquistato negli anni e di cui era anche capitano.
Cantona, rimpianto di Moratti
In quell’estate amara il re deposto impara a suonare divinamente la tromba e a dilettarsi con i figli Josephine e Raphael avuti da Isabelle. Ha ricevuto anche le lusinghe di Massimo Moratti che, fino alla fine, ha cercato di portarlo all’Inter: “É uno dei miei più grandi rimpianti. Con lui avremmo cominciato a vincere prima. Ero presente quando ha dato quel calcio al tifoso e speravo che per la trattativa sarebbe stato utile, perché magari lo avrebbero ceduto. Lo stavamo prendendo e poi, per un disguido, non arrivò più”.
“Io non sono un uomo, sono Eric Cantona”
Ferguson non ha mai pensato di venderlo, anzi ha deciso di metterlo ancora più al centro del progetto. Del resto il numero 7 nella Genesi rappresenta il giorno in cui Dio si è riposato dopo aver creato la Terra, mentre per i tifosi dello United il 7 corrisponde ai “Fab Five”, ovvero Robson, Best, Cantona, Beckham e Ronaldo i nomi dei giocatori che hanno scritto pagine di calcio epiche all’Old Trafford.
King Cantona, player of the century
Su tutti Éric ha ammaliato perdutamente il cuore dei tifosi venendo premiato come Calciatore del secolo del club. La maglia col colletto alzato è la vera apoteosi della sua irriverenza e della sua arte carismatica, tanto che le ultime due stagioni a Manchester le ha trascorse con i gradi di capitano, primo non britannico nella storia dei “Red Devils”. Cantona è tornato in campo il 1 ottobre 1995 contro il Liverpool segnando subito il gol decisivo per il definitivo 2-2. A fine stagione è arrivato il secondo double (Premier-FA Cup) e “The King” ha ottenuto il riconoscimento di giocatore dell’anno 1996 dalla F.W.A. É il primo francese della storia. Del resto, come suonava il remix di Bob Marley in quegli anni, “What goes around comes around” e alla fine il trono è ancora tutto suo. Si è ritirato nel maggio del ’97, due giorni prima del suo 31° compleanno, dopo aver vinto l’ennesima Premier League ed aver segnato 176 reti in 473 gare ufficiali: “Ho giocato da professionista per 13 anni, un tempo lungo. Ora ho voglia di fare altre cose”.
L’antieroe
Un eroe travestito da antieroe. Si spiega perché tutt’oggi, durante le partite dei mancuniani, a molti anni dal suo ritiro, i tifosi intonino: “Ooh-aah Cantona!” come un mantra, un’invocazione, una litania.
“King Éric” non è rimasto aggrappato a un contratto milionario o al mito di sé stesso. Anzi, nonostante il successo trasversale, non ha perduto il senso di ciò che è vitale e della responsabilità sociale che il calcio, perennemente in bilico tra sport e show business, è tenuto a supportare. Ha diffuso la concezione del football inteso come strumento di forza popolare, facendo tanta beneficienza troppo spesso persasi nel mare delle polemiche. É un ribelle divenuto re a furor di popolo come ha scritto Philippe Auclair nel suo libro.
Per tutto ciò che è stato, è e sarà non ci resta che dire chapeau Éric… lui ci risponderà: “Au revoir” alzandosi il bavero della sua polo e dileguandosi col suo incedere regale.
Grazie alla penna di CasaBaggio.